Che cos'è il Dharma?

Il Dharma (o Dhamma, sanscrito) è il metodo che si rivolge al Buddhismo ed è qualcosa che ci trattiene, ci previene dal soffrire e dall’avere problemi.

E’ la ‘misura preventiva’ per evitare problemi.

Il nostro pensiero non cerca scuse inferiori, ma cerca la vera causa dei problemi.

Al contempo è la via di mezzo, il giusto sentiero da percorrere verso l’Illuminazione. Questa via ci è insegnata tramite gli insegnamenti del Guru.

Perché vi sia equilibrio e non si generi confusione (Samsara) bisogna sapere:

  • cosa fare (e come)

  • cosa dire (e come)

  • quale risultato ne consegue

  • come risolvere

Parlando di Buddhismo, il Buddha insegnò le 4 nobili Verità, e chiunque sia Illuminato le ritiene vere.

Vediamo questi 4 fattori di verità:

1-    I veri problemi che tutti noi affrontiamo. Questo è l’approccio razionale, che ci permette di guardare dentro noi stessi senza bisogno di negare a noi stessi se non siamo felici, e che ci consente di cominciare a capirne il perché.

2-    Le vere cause di questi problemi. Spesso vi è confusione. Non c’è beneficio nel preoccuparsi. Non sappiamo godere del mentre, ma volendone sempre di più diventiamo infelici. Come la metafora dei due amanti e dell’uccellino, arriveremo all’accettazione del nostro sé e del mondo e potremo avere un cambiamento di vedute e punti di vista.

3-    Come sarebbe se vi fosse una vera cessazione di queste cause, in modo da non avere più tali problemi? Buddha disse che è possibile liberarsi delle cause dei problemi (senza carburante ci si libera dal fuoco) in modo definitivo. E non bisogna accettare stando zitti e convivendo, non bisogna mai arrendersi. Magari si potrebbe non riuscire, non importa più di tanto, ma la sensazione di averci provato, anche se lieve, ci aiuterà.

4-    La maniera del comprendere e dell’agire che porterebbe alla cessazione dei problemi. E’ la consapevolezza che si ottiene con la concentrazione. Bisogna rimanere focalizzati e serve auto-disciplina. Si avrà così il raggiungimento della saggezza. Ecco la strada della Felicità, a cui occorre aggiungere Amore, Compassione, Altruismo. In tal modo si mette la parola fine alle nostre sofferenze. Al giorno d’oggi vogliamo sapere tutto, così creiamo nostre fantasie fuori dalla realtà, ci catapultiamo su Google per avere tutto sotto controllo. Eppure, secondo il Buddha, non esiste il pieno controllo. E se lo pensiamo ne restiamo frustrati. Noi contribuiamo, ma non siamo gli unici. Spesso, anzi, siamo soggetti ad emozioni non chiare. Per ridurre i rischi ed evitare problemi (che esisteranno sempre) dobbiamo riconoscere i nostri limiti verso la realizzazione di un’esistenza profonda di noi, degli altri, del Mondo e dell’interno Universo.

Da qui capiamo che si mediterà SOLO dopo aver capito i nostri limiti. Meditare prima non serve a nulla, anzi allontana definitivamente, specie se si è adulti in balia di problemi e confusione e non si è meditato da piccoli o non si hanno avuto esempi ed insegnamenti famigliari e scolastici (adeguati). Se, infatti, non crediamo fermamente che sia possibile liberarci dalla confusione non ha senso meditare o semplicemente crederci per convenzione.

Affidandosi ad un Maestro si può capire se gli insegnamenti portano beneficio. In tal modo si creerà fiducia e non si avrà paura di abbandonarsi alla conoscenza.

La speranza, infatti, non basta. Se ci affidiamo a Dio, entità spirituale, partner, personaggio di fantasia, mito, ecc. si svilupperà dipendenza verso quella persona. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci salvi e spesso ci buttiamo sul primo che si incontra, che sembra, ma che spesso non è, libero da confusione.

Bisogna saper vedere molto bene (VI° Chakra-terzo occhio).

Quando l’ingenuità svanisce, perché svanirà, vedremo le debolezze dell’altro e rischieremo di andare a pezzi.

Per evitarlo dobbiamo praticare il Dharma, ovvero cosa è meglio fare e cosa no, e cosa può un Maestro spirituale e cosa no.

Dobbiamo perfino prevedere il nostro cadere a pezzi, ma non dobbiamo essere confusi; dobbiamo, anzi, vedere, comprendere.

Dobbiamo imparare a guardare dentro di noi atteggiamenti, emozioni e stati d’’animo, e dobbiamo imparare ad identificare quegli atteggiamenti e quelle emozioni dannose a noi stessi.

Avidità porta egocentrismo che a sua volta porta insicurezza.

Rabbia porta ad urlare che porta all’allontanamento degli altri e ciò porta insicurezza.

Un modo distruttivo porta infelicità.

Ma allora bisogna convivere con se stessi? Sì. E basta farlo senza rabbia né odio. Questo è chiamato ‘livello di prevenzione del Dharma’. La disciplina, la concentrazione e la corretta comprensione portano all’Amore, alla Compassione e spesse volte all’Altruismo.

A volte, tuttavia, non è corretto con-vivere e bisogna agire. Ma per agire il più leggermente e distruttivamente possibile serve aver capito davvero, aver letto a modo la realtà. Per farlo serve l’AUTODISCIPLINA ETICA. Da essa deriva la ‘consapevolezza discriminante’ (Shes-Rabs).

Se riusciamo in questo intento sapremo distinguere tra ciò che ci aiuta e cosa no, e sapremo restare calmi tenendo la rabbia dentro.

In aiuto ci viene la ‘cosciente consapevolezza’ (Dran-Pa); essa è la colla mentale di come voglio essere, cosa voglio fare, come voglio agire. Serve a mantenere, trattenere e non dimenticare. La stessa parola viene usata per ‘ricordare attivamente’.

Bisogna essere ‘svegli’, così come il Buddha è un essere totalmente ri-svegliato (ed Illuminato).

Ciò vuol dire anche riposarsi e tornare 'dopo' su un argomento. Così facendo riusciremo davvero a fare ciò che realmente pensiamo.

Quindi, quando si presenta un problema si saprà che non ci si vuole autocommiserare od abbandonarsi per non vedere. Ci si ricorderà di tutte le cose da fare e da non fare per non essere infelici e si ripercorrerà con la mente il percorso a ritroso per capire dove abbiamo sbagliato nel ragionamento, nel livello emozionale profondo. Ecco il Dharma.

‘Stare in questo sentiero del Dharma è il vero sentiero’, disse il Buddha.

Un esercizio importante per capire il disturbo è parlare delle cose che secondo noi non vanno e chiedere se la persona che ne soffre pone quegli aggettivi in valore positivo od in valore negativo.

Un ulteriore esercizio è ricordarsi di non nutrire e far crescere la rabbia dentro, per cui meglio prendere un cuscino e dargli pugni con tutta la forza, fare una lunga corsa, ecc.

Ovviamente il mio consiglio è fare qualcosa che ci piaccia un minimo e che ci distolga, viceversa sarà ancora più difficile.

Alla base della Meditazione possiamo enunciare alcuni Mantra.

Esiste un Mantra universale, che va bene per chiunque, che è Babanam Keva lam ovvero “ogni cosa è amore infinito”.

Possiamo poi ripeterne altri molto utili, tra cui ricordiamo 'Om Shanti Om', e ripeterci determinati concetti:

  • Sono un essere umano. Sei un essere umano. Abbiamo tutti gli stessi sentimenti, le stesse emozioni

  • Tutti hanno punti di forza, punti di debolezza. Ii ho io come li hai tu

  • Nessuno è il principe/la principessa unico/unica su questa Terra

Ricordiamoci, inoltre, che se qualcuno ci inganna è perchè queste persone sono confuse, ma provare compassione ed essere onesti ci farà stare meglio.

Non bisogna essere buddisti per applicare i metodi.

Il Dalai Lama sostiene che bisogna avere:

  • Etica Secolare

  • Valori Umani

E ricordarsi di:

  • Stare concentrati su ciò che si fa

  • Immaginare ciò che si sta facendo, immaginando un Buddha nel proprio sé più profondo, immaginandolo nel proprio respiro, nel suono, nei colori. Infine, bisogna ricordare che alle persone non piacciono i problemi, ma che il Buddha non accontentava tutti. Tradotto vuol dire ‘fai del tuo meglio, senza dimenticare di farlo a te stesso’

La Vita Etica, nel Buddhismo, vuol dire che se possiamo aiutare gli altri bisogna farlo, se non possiamo almeno asteniamoci dal fare loro del male.

  • Ogni azione proviene da una motivazione

  • Possiamo, se vogliamo, prevedere conseguenze a lungo termine attraverso 2 modi:

    • partendo dal personale verso il collettivo (Pratimoksha, che nella tradizione Vinaya è l’allenamento monastico per la liberazione dei voti individuali, pratica Bodhisatta)

    • partire dagli altri (più difficile, più efficace). Questo genera una 'Responsabilità Universale'

Per non nuocere agli altri il miglior stile di vita sarebbe di accontentarsi.

Bisogna capire sempre se un’azione sia utile o dannosa e capire che la risposta sta nella motivazione che si dà a quell’azione. Da ciò capiremo se usare metodi più forti (la famosa 'frusta gialla' o 'frusta santa') o metodi più gentili e garbati. E’ il pensiero del ‘buon senso’ occidentale e sviluppato.

La cosa fondamentale è sempre, però, una ed una soltanto, la pace interiore.

Da ciò deriva l’armonia interreligiosa (enfasi).

Ognuno con la propria componente filosofica comporta amore e compassione, perdono, tolleranza ed accettazione.

Ricordandosi sempre che il dibattito accresce e fa bene.

Ora che vediamo i limiti nostri e degli altri, ora che siamo desti e sappiamo cosa fare siamo pronti alla meditazione.

Meditare vuol dire applicare antidoti, vedere le cose da un altro punto di vista (non relativo, ma superiore e globale).

Attraverso uno stato più rilassato e conscio, paziente, buono, gentile, sensibile.

Non tutto è causa-effetto, ma tutto è collegato.

Talvolta pensiamo che gli altri non abbiano valori.. ne siamo certi? Conosciamo la loro storia e sappiamo leggere dentro di loro?

Siamo certi che se un amico non ci chiama vuol dire che non ci vuole più bene?

O che se abbiamo combinato qualcosa lui pensi male di noi?

Il Dharma non è un hobby e non ci aiuta a rilassarci. E’ un lavoro full-time, il dare a noi per poter dare agli altri che ancora non riescono a dare a loro stessi.

Evitando gli estremi, perché è nella via di mezzo che si trova l’equilibrio.

Ricordandosi che cambiare noi stessi, se pur difficile, è più facile che cambiare gli altri se siamo già nell’atteggiamento giusto, di ascolto, di sana curiosità.

Nella meditazione troviamo ristoro, forza, amore e qualcuno che ci capisce e che è al nostro fianco.

Va però detto che se stiamo solo con noi stessi perderemo la realtà e la relazione con gli altri.

Bisogna per questo nutrire naturalezza e sincerità, essere chiari con noi stessi e con gli altri, sapere cosa dire e cosa non dire, senza enfatizzare.

Contemplare il Buddha e meditare è, infatti, pericoloso se non sappiamo vedere e stare in equilibrio.

Dobbiamo prenderci la responsabilità di sceglierci (e togliere quel deleterio retropensiero occidentale della pausa di cosa pensano gli altri di noi).

Ecco l’importanza della condivisione, degli intenti, sotto una vera visione ad essere centrati e concentrati.

L’ispirazione può venire in auto (in tibetano, ‘jin-lab’). Sono benedizioni, ovvero il prendere ispirazione da una forza per andare avanti; una forza non fantastica, ma reale.

Il Buddha stesso non ispirava, non cercava consensi. Un po’ come il Sole non cerca di scaldare, in modo naturale scalda.

L’ispirazione stabile si trova nel modo in cui la persona è, nella sua natura, come risultato della pratica del Dharma.

Proseguendo, prendiamo ispirazione dai nostri progressi.

Come monito del Samsara finchè non ti liberi completamente dalla confusione si avranno sempre alti e bassi (ed anche ciò è normale e naturale).

Ecco la Stabilità.

Fino alla più alta e consapevole Accettazione della Vita.

La purificazione avviene accettando e sapendo come agire, se agire.

Una volta che si è agito e capito bisogna abbandonare per sempre i propri sensi di colpa, le negatività insite in ognuno di noi.

 

Articolo con rivisitazione di Daniele Dodi Divakar